Lavoro agile – il futuro (che vogliono i padroni) è già qui.

(I paletti indispensabili per evitare il cottimo)

Due elementi di contesto a cui tra breve faremo riferimento ci spingono a riportare all’attenzione comune un tema, quello del lavoro agile, a cui abbiamo già dedicato momenti di riflessione (su tutto si veda l’articolo pubblicato sul nostro blog nel luglio del 2021).

Il primo elemento, non recentissimo, ma comunque rilevante, è la presentazione in Commissione Lavoro della Camera di un testo unificato come base per procedere ad una revisione della legge sul lavoro agile e lavoro a distanza. Il testo unificato risale a metà dello scorso marzo; il relativo iter di discussione e approvazione ad oggi non risulta calendarizzato. Torneremo in seguito sul testo perché contiene comunque aspetti non di poco conto e meritevoli di attenzione.

Il secondo elemento è l’avvicinarsi della fine del regime semplificato relativo al lavoro agile: con il Decreto Covid del 24 marzo la possibilità di smart working senza accordo individuale era stata prorogata al 30 giugno, ma un emendamento (art. 10, comma 2 bis) approvato in sede di conversione in legge lo ha spostato al 31 agosto 2022.

Altro elemento da tenere in considerazione, che comunque al momento possiamo tranquillamente considerare una variabile dipendente dei due citati, è lo stato dell’arte nel suo complesso relativo alla possibile evoluzione di accordi quadro nelle singole aziende/gruppi sul tema, che assieme a quanto presente nell’ultimo CCNL ABI (art.39 del testo coordinato, relativo al lavoro agile), e alle “Linee guida per il Lavoro Agile nel settore assicurativo e di assicurazione/assistenza” del febbraio 2021, definiscono lo scenario di regole che appunto attende anche una possibile evoluzione dell’attuale quadro legislativo.

In buona sostanza, al netto di colpi di scena e fughe in avanti di Gruppi/aziende, con il quadro appena delineato, si registra in molte realtà una sorta di situazione di “surplace” sul tema, nonostante da più parti si sia invocata una contrattazione di anticipo che permettesse di ragionare in una logica progettuale e non più soltanto emergenziale. Rischi e opportunità insiti in questa modalità di lavoro declinato nei nostri settori hanno avuto, grazie purtroppo alla pandemia, una fenomenale cartina tornasole e un campione statistico ampio e affidabile. Le testimonianze raccolte con il corretto approccio scientifico esistono anche nei nostri settori (si veda il libro “Smart Working Class”), come pure l’ampio repertorio di accordi in materia non fanno di certo mancare materia di analisi e confronto. Tutto questo per sottolineare che l’affermazione secondo la quale non siamo pronti, o peggio, siamo in (colpevole) ritardo nell’affrontare l’argomento anche a livello nazionale (di categoria e/o di confederazione) corrisponde solo in parte a verità: specie nei nostri settori sarebbe opportuno evitare, come già accaduto in passato, che accordi stipulati nelle realtà principali diventino il parametro generale di riferimento, nel bene e nel male. Ma per evitare questo, occorre tenere alta l’attenzione sul tema, occorrerebbe stimolare ulteriormente la discussione, ricordare ai più che già oggi, sulla scorta di quanto già visto, vissuto e in parte contrattato, è possibile stabilire punti di miglioramento e capisaldi a cui fare riferimento nell’ambito della contrattazione collettiva, insomma occorrerebbe un accordo quadro nazionale a cui la Segreteria Nazionale pare disinteressata.

E allora veniamo a tale proposito al disegno di legge di riforma del lavoro agile in cui alcuni elementi di novità emergono con chiarezza; basti pensare alla riscrittura dell’articolo 18 della legge 81/2017 in cui è esplicito il riferimento ai contratti nazionali e al ruolo che essi devono svolgere in quanto cornice in cui inserire i principi cardine (cfr. ancora la proposta di legge) di questa particolare  “modalità di esecuzione della prestazione lavorativa nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato”, e non solo, ma anche il principio che il trattamento economico non può essere inferiore a quello previsto “dai contratti collettivi nazionali di categoria stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”. La previsione del contratto individuale e degli elementi formali necessariamente presenti si direbbe non indebolire le prerogative del contraente “debole”, nel momento in cui come si è detto, un livello di contrattazione collettiva a monte deve essere presente e sancito. Piuttosto, è da segnalare un nuovo articolo, il 24 bis, che disciplina con forza, e speriamo efficacia, il diritto alla disconnessione, definito nel progetto di legge diritto soggettivo alla disconnessione: ebbene si prevede che il lavoratore tanto nella sua attività in presenza quanto in quella da remoto sia “sempre titolare del diritto soggettivo alla disconnessione da intendersi come il diritto di estraniarsi dallo spazio digitale e di interromperne la connessione dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche in proprio possesso” senza che questo possa portare a responsabilità di natura disciplinare o trattenute dalle retribuzione. L’esigibilità del diritto si stabilisce prevedendo, in estrema sintesi, la definizione a livello di contrattazione collettiva degli orari di disconnessione, l’opponibilità dello stesso al datore di lavoro durante il periodo di riposo, la punibilità delle violazioni ai sensi del 615 bis C.P. (“interferenze illecite nella vita privata”), salvo che il fatto costituisca più grave reato. Importante, infine, l’attenzione posta al tema della formazione digitale, finalizzata ad assicurare ai lavoratori da remoto un uso delle dotazioni tecnologiche in totale sicurezza.

Non è questa la sede per una valutazione delle proposte appena citate, ma tanto si doveva alla discussione sul tema, giusto, come detto, per introdurre tutti gli elementi. E allora torniamo, per provare a concludere, a quanto già espresso e motivato a suo tempo.

Nello specifico, riteniamo importante ribadire, a nostro modesto parere, alcuni tratti distintivi della posizione che le organizzazioni sindacali dovrebbero tenere in considerazione:

●     Il fattore prestazionale deve essere ricondotto nuovamente al tempo lavorato con diligenza e lealtà e non alla prestazione realizzata.

●      Relativamente al diritto alla disconnessione, al netto di quanto potrebbe emergere in sede di modifica legislativa, la disconnessione stessa dovrebbe essere regolata in maniera automatica rispetto all’orario previsto dai CCNL.

●      Occorrerebbe predisporre delle occasioni di incontro fra lavoratori che possano portare ad un confronto produttivo e neghino l’isolamento del lavoratore.

●      Altrettanto importante è la definizione della sede di lavoro in caso di chiusura degli uffici dove era precedentemente allocato

●      Occorre inoltre colmare l’abisso normativo tra la legge sul telelavoro e quella sul lavoro agile in tema di salute e sicurezza.

●      È necessario evitare qualsiasi tipo di monitoraggio della prestazione lavorativa anche in deroga alle nuove disposizioni del Job Acts. Il confronto con quanto previsto in tema di telelavoro ci offre già elementi di proposta. Inoltre, il progetto di legge citato ci viene in soccorso, prevedendo l’abrogazione dell’articolo 21 sul potere di controllo e disciplinare e rimandando alla contrattazione collettiva la disciplina delle modalità e dei limiti di esercizio del potere direttivo e di controllo del datore di lavoro rispetto alla prestazione lavorativa svolta all’esterno dei locali aziendali

●      Ultimo, ma non per questo meno importante è l’argomento risparmio dei costi e riconoscimento economico.

Il contributo fattivo che può dare la FISAC CGIL sul tema dipende anche dall’attenzione che la Segreteria Nazionale porrà nei confronti di chi sulla questione chiede momenti veri di discussione e confronto.

Attenzione che a nostro avviso dovrà essere dedicata con estremo impegno anche ad un altro tema sotteso al lavoro agile, strettamente interconnesso a quello che è IL problema principale dei lavoratori e delle lavoratrici del nostro settore (lo stress lavoro correlato causato dalle pressioni commerciali): la tutela del benessere psicofisico.

Chi lavora a casa non ha quasi mai una postazione ergonomicamente adeguata (e spesso neppure attrezzature e materiali di consumo pagati dall’azienda, come si è visto in pandemia): si fa molto in fretta ad incorrere in una vasta gamma di patologie, che vanno dai disturbi alla vista ai problemi muscolo-scheletrici, causati da non corrette posture per via di attrezzature inadeguate, fino ad altri malanni innescati da illuminazione non idonea o condizioni microclimatiche critiche. si rende quindi necessario recuperare e traslare appieno in questo nuovo ambito lo spirito del Testo Unico Salute e Sicurezza. Occorre sempre assicurarsi che siano le imprese a garantire in ogni caso che quel lavoro, oltre a consentire ai datori di lavoro cospicui risparmi, sia anche non pericoloso per la salute.

Non si tratta solo del corpo, ma anche della mente. L’isolamento sociale causato dal lavoro agile prolungato, porta con sé un grave potenziale carico di angosce; la sicura difficoltà ad apprendere temi poco conosciuti per mancanza di contatti con persone esperte; l’impossibilità di “staccare” facendo due chiacchiere; il venir meno della sensazione di gruppo e quindi anche la perdita di sé come parte di un soggetto cosciente e capace di reagire collettivamente a comportamenti inadeguati o fuori dalle norme dei propri superiori; la certezza di sentirsi da un giorno all’altro più piccoli e più soli.

Per tutti questi motivi, occorre non essere meri spettatori (più o meno entusiasti) del tema lavoro agile, ma valutare attentamente tutte le conseguenze della sua applicazione, specie se massiccia, tenere sotto controllo la sua applicazione, regolare ogni risvolto sin da subito con norme stringenti ed efficaci e non incomplete.

Occorre starci attenti: siamo di fronte ad un passaggio epocale nel quale l’enorme impatto del lavoro lavoro agile non è solo un tema sul tappeto, è il futuro che è già qui, ed il sindacato deve avere come priorità una sua puntuale e non arrendevole regolamentazione.