L’audizione delle OO.SS. del Credito presso la Commissione Parlamentare di Inchiesta sul Sistema Bancario e Finanziario – il punto di vista di Agor@

Si è svolta nei giorni scorsi l’audizione delle OO.SS. del Credito presso la Commissione Parlamentare di Inchiesta sul Sistema Bancario e Finanziario.

Iniziativa lodevole, che vuole porre l’attenzione sulle regole e sul funzionamento di un settore estremamente importante per il Paese e che, negli ultimi anni, ha mostrato delle notevoli difficoltà nel sostenerne l’andamento economico e sociale anche a causa di modelli distributivi ed organizzativi quantomeno discutibili.

Con questo documento intendiamo portare all’attenzione alcune tematiche affrontate evidenziandone gli aspetti più importanti ed i punti critici che a nostro avviso rendono debole questa iniziativa.

Nella disamina non possiamo che partire dal documento e dall’intervento fatto dal nostro Segretario Generale Nino Baseotto.

Baseotto evidenzia nel suo intervento come il modello organizzativo della banca sia cambiato a partire dagli anni 90allontanandosi dal disposto dell’art. 47 della Costituzione e di come il decreto legislativo 231 del 2001 abbia contribuito a questo cambiamento, separando la responsabilità giuridica della banca da quella dei propri dipendenti.

Purtroppo però l’intervento, quando passa ad affrontare più direttamente il problema del modello distributivo, si mostra molto debolefocalizzandosi principalmente sugli impatti che questi modelli hanno sui consumatori e sulle imprese ma senza proporre reali soluzioni che possano contribuire a migliorare le condizioni di lavoro del settore e conseguentemente il servizio rilasciato alle comunità rappresentate. Si parla di desertificazione dei territori senza entrare nel merito di questa desertificazione che avviene a discapito della qualità e quantità dell’occupazione del settore.

Ben diverso è il piglio dell’intervento del Segretario Generale della FABI Lando Maria Sileoni. Sileoni evidenzia bene nel suo intervento l’ossessione di un sistema orientata solo al profitto di breve termine e di come questo impatti sulle condizioni dei lavoratori attraverso le pressioni commerciali proponendo modelli sempre più disintermediati a favore della tecnologia e di occupazione non garantita.

Sileoni ammette che l’accordo firmato dalle OO.SS. sulle pressioni commerciali del 2017 non ha prodotto gli effetti speratichiedendo a gran voce un sistema sanzionatorio che possa meglio regolamentare la vendita di prodotti bancari e non allo sportello, evidenziando come le pressioni commerciali in Italia siano molto più forti che nel resto d’Europa.

Condividiamo la posizione del Segretario della FABI che purtroppo però possiamo considerare solo di testimonianza.

In questi anni, il sindacato maggioritario dei Bancari non ha mai voluto spingere realmente sull’acceleratore del confronto duro con le Banche su queste tematiche, limitandosi ad invettive verbali.

Quando singoli gruppi di lavoratori, RSA o dirigenti locali hanno tentato di appoggiare iniziative di lotta, la scelta della FABI è stata sempre quella di chiamarsi fuori dal confronto.

A livello nazionale, sul modello organizzativo delle Banche e sui necessari correttivi per migliorare il benessere dei lavoratori non si è mai visto un tentativo di mobilitazione dei lavoratori.

E senza quello il rischio di restare con un pugno di mosche in mano è sempre molto elevato, cosa che i lavoratori del settore stanno sperimentando da diversi anni.

Il Segretario della First CISL Colombani invece fa tutta una serie di proposte politiche che partono con un’ottima premessa, e cioè la necessità di mettere in discussione il modello attuale distributivo delle banche fondato sulla Banca/Assicurazione e quindi sulle vendite e le pressioni commerciali.

Citando l’ART. 21 T.U.B però comincia a spostare l’attenzione dal benessere lavorativo/organizzativo al maggiore interesse dei consumatori ed elenca tutta una serie di proposte, alcune anche interessanti ma via via sempre più orientate ai consumatori/clienti.

E questo spostamento si completa quando pone in dicotomia forzata i cattivi collocamenti delle polizze unit linked, dove il mercato bancario detiene una quota elevatissima del mercato, ed il ramo danni, dove la penetrazione del canale bancario è molto più bassa (6%) e dove, per Colombani, i margini di penetrazione sono più alti.

Egli in poche parole vuole spostare le pressioni commerciali sul ramo danni, cosa che i principali istituti di credito italiani stanno già facendo da alcuni anni, senza rendersi conto che sono diventate la piaga del nuovo decennio e fortissima causa di stress lavoro correlato oltre che di contestazioni e interventi legali con i clienti.

La relazione del Segretario Generale Uilca risulta completa nel suo incedere perché parte da valutazioni ideali interessanti, citando anche il premio Nobel dell’economia Thaler e la sua teoria della spinta gentile.

Purtroppo il sistema economico attuale e le sue tragiche evoluzioni degli ultimi anni sono la dimostrazione evidente che non c’è nulla di gentile in un’economia di mercato lasciata crescere senza un reale controllo dell’attività privata soprattutto nei settori della finanza.

Ci sono oramai molti pensatori economici che sostengono l’assoluta necessità di una regolamentazione pubblica del settore finanziario, visti gli enormi squilibri e crisi causati in questi anni da una finanza speculativa e un approccio delle banche tradizionali sempre più commercialmente aggressivo.

Invece che dedicare diverse pagine nell’esaltazione dell’accordo del 2017 ci dovrebbe essere una presa d’atto dell’inefficacia del suo funzionamento e la volontà di costruire un sistema sanzionatorio che sia certo distante dalle manipolazioni aziendali ma soprattutto incastonato in accordi tipo i protocolli covid visti recentemente, che hanno acquisito valore reale perché incastonati nei DPCM.

Terminiamo questa analisi delle posizioni espresse dalle varie sigle sindacali con la posizione dell’UNISIN che non si discosta molto dalle altre sigle presentate precedentemente ma che, come la FABI, chiede la costruzione di un sistema sanzionatorio esigibile per bloccare le pratiche delle pressioni commerciali.

Ci sfugge se per le OO.SS. che chiedono sanzioni queste valgano per tutti i tipi di pressioni commerciali o facciano delle differenze tra pressione e pressione. Essendo noi lavoratori  coinvolti in questi processi, non possiamo che dire che le pressioni commerciali nel settore finanziario devono essere considerate di per sé illecite, perché non possono portare a consulenze professionali ma solo a forzature commerciali, ed è per questo che non abbiamo dubbi che l’unico sistema per limitarle sia un sistema sanzionatorio che colpisca pesantemente il fatturato delle aziende ed il portafoglio di chi le esercita.