Lettera aperta sulla condizione del settore creditizio e sulla necessità di una banca pubblica nel sistema

Abbiamo letto con soddisfazione, condividendola, l’intervista che ha rilasciato il Segretario Generale Maurizio Landini a “La Stampa” il 17 maggio scorso.

Un’intervista ampia, che ha toccato tutti i punti che ci vedono impegnati in questo tentativo di avviare una interlocuzione con il Governo: dal confronto sul Recovery Plan, alla richiesta del blocco dei licenziamenti e della riforma degli ammortizzatori sociali, agli interventi per la salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.

Ma un passaggio in particolare di quella intervista vorremmo qui riprendere, quando ha affermato che “questo è il momento di un intervento pubblico nell’economia per svolgere un ruolo di indirizzo” generale.

Ebbene, la sensibilità che abbiamo costituito all’interno della Fisac e che abbiamo voluto chiamare Agor@, ha sempre sostenuto la necessità di un polo pubblico del credito controllato e governato dalle istituzioni pubbliche in contrapposizione alle politiche commerciali delle banche private orientate alla sola speculazione finanziaria.

Dai primi anni duemila, quando è iniziata la crescita dimensionale degli istituti bancari attraverso fusioni e acquisizioni, i risultati fallimentari da un punto di vista sociale si sono mostrati in tutte le varie forme: esuberi di personale, peggioramento della qualità del credito e soprattutto abbandono di interi territori.

Le motivazioni di tali aggregazioni sono da ricercare prevalentemente nelle politiche industriali delle banche e a processi di digitalizzazione, finalizzati esclusivamente al contenimento dei costi.

In Italia, in particolare nei Centri Storici e nelle piccole comunità, si verifica la totale scomparsa di sportelli bancari, causando disagi all’intera collettività. Basti pensare alla popolazione anziana, maggioritaria nelle aree storiche, poco avvezza all’utilizzo della tecnologia e alla mancanza di servizi per la clientela privata e per le piccole e medie aziende già gravemente colpite dalla crisi economica.

Inoltre si perdono presidi utili alla lotta contro l’illegalità.

La maggiore distanza tra sportelli e clienti ha fatto mancare un supporto all’economia reale lasciando spazi alla criminalità organizzata per la concessione di liquidità.

Nella storia del sistema creditizio italiano non mancano esempi disastrosi di cessioni bancarie pur con aiuti di Stato: si pensi all’acquisto delle Banche Venete da parte di

Intesa San Paolo che ha portato come conseguenza esodi e chiusure di agenzie, oppure alla cessione del banco di Napoli, banca dichiarata fallita per poi scoprire solo in tempi recenti che il 90% dei crediti sono stati recuperati, che ha significato una perdita enorme per tutto sistema creditizio meridionale.

L’importanza di un sistema creditizio efficiente è diventata ancora più evidente durante la pandemia da Covid 19 che ha dimostrato tutte le carenze del sistema bancario italiano da un punto di vista sociale non permettendo allo stato di influenzare il corso dell’economia: ritardi nell’anticipo della cassa integrazione e nell’erogazione dei finanziamenti ricompresi nel c.d. “decreto liquidità” fino all’utilizzo di tali fondi per rientrare di finanziamenti con clienti poco affidabili.

In aggiunta, negli ultimi anni, sta aumentando l’assunzione in categoria di lavoratori e lavoratrici a partita iva o contratto misto, quest’ultimo non regolato dal contratto nazionale, dimostrando la spinta sempre maggiore del sistema del credito italiano alla vendita di prodotti finanziari con l’obbiettivo di guadagni veloci e di breve periodo a scapito dei lavoratori e dei cittadini.

Per quanto premesso Agor@ ha sempre sostenuto, sin dalla sua costituzione, l’opportunità di trasformare banche in difficoltà o già sotto il controllo dello stato in una banca pubblica, che operi a sostegno dell’economia reale soprattutto in questa fase di ricostruzione dei danni operati dalla pandemia e che svolga in pieno anche il ruolo previsto dalla nostra Costituzione di tutela del risparmio collettivo. Obiettivi che il nostro attuale sistema del credito, interamente privato, non vuole evidentemente garantire.

Ad esempio, lo stato è primo azionista di banca MPS già dal 2017 quando per rimediare ai disastri conseguenti a gestioni poco trasparenti ha investito 5,4 miliardi di euro. Recentemente inoltre, con la cessione di oltre 8 miliardi di sofferenze e Non Performing Loans ad AMCO, è stato costretto a stanziare altri 1,5 miliardi per coprire le perdite emerse rispetto ai valori iscritti in bilancio a seguito della cessione. Denaro pubblico investito nella banca senza però assumere un ruolo determinante ma continuando a seguire le logiche di una banca commerciale con capitale privato.

La riprivatizzazione di Montepaschi, ormai costantemente annunciata su tutti i giornali, pur non garantendo ad oggi l’integrità del Gruppo e quindi neanche la tenuta dei livelli occupazionali, impegnerebbe comunque lo Stato all’immissione di ulteriori ed ingentissime risorse pubbliche: fino a 3,4 mld di euro per i crediti d’imposta messi a punto dal Governo, una copertura assicurativa per i rischi legali in capo alla banca che ammontano a circa 10 mld di euro, per non parlare di ulteriori fabbisogni patrimoniali che si aggiungono a quanto già investito dallo Stato negli ultimi anni.

Risorse pubbliche che verrebbero impiegate solo per rendere più appetibile la vendita di questa banca sul mercato privato senza prendere in considerazione le conseguenze che tali scelte, annunciate in varie forme sugli organi di stampa, avrebbero sui territori in termini di chiusura delle filiali e in termini occupazionali e di indotto.

Su questa nostra proposta politica siamo sempre stati impegnati ad avviare, all’interno della categoria, una discussione franca e scevra da preconcetti o posizioni precostituite; attraverso un convegno che abbiamo realizzato l’inverno scorso (HTTPS://www.facebook.com/2304599756453811/videos/846471522796296/), un documento indirizzato a tutte le compagne ed a tutti i compagni dell’Assemblea Generale Nazionale della Fisac a fine marzo, e tutta una serie di nostri interventi nelle sedi deputate: appunto l’AGN, il Comitato Direttivo Nazionale, il Direttivo di Coordinamento MPS.

Siamo consapevoli che in questo momento possiamo solo chiedere al Governo di negoziare il superamento dei vincoli imposti dai regolatori europei affinché si possa prolungare il termine di permanenza dello stato nel capitale Mps e garantire il risanamento del gruppo ma riteniamo che tale richiesta non debba escludere la possibilità nel futuro, di trasformare Banca Monte Dei Paschi di Siena in una banca a gestione pubblica in grado di garantire credito, servizi e che svolga in pieno il ruolo previsto dalla nostra Costituzione.

Nell’auspicare al più presto l’apertura di un tavolo di confronto con il governo sul futuro di banca Monte dei Paschi di Siena, vi invitiamo a valutare la possibilità un confronto costruttivo sulle posizioni da noi più di una volta espresse e ribadite in questo documento.