LE RIFLESSIONI DI AGOR@ SULLA PROSSIMA ASSEMBLEA ORGANIZZATIVA DELLA FISAC CGIL

La novità di un documento organizzativo con la suddivisione degli argomenti in schede e la successiva declinazione delle stesse in analisi, stato dell’arte e cosa dobbiamo ancora fare, rappresenta un passo in avanti apprezzabile rispetto alle precedenti CdO.

Purtroppo non si va oltre lo schema, perché troppo spesso l’autocritica presente nelle schede sullo scostamento tra quanto era stato deciso e quanto effettivamente realizzato appare insufficiente. Non vengono fornite motivazioni di questo scostamento, non ci si interroga sull’esistenza o meno di sacche di resistenza al cambiamento all’interno del gruppo dirigente e su come eventualmente superarle.

Si pensi a quanto deciso sullo spostamento delle risorse e dei dirigenti verso i territori per essere più vicini ai lavoratori e rispondere meglio ai loro bisogni e quello che si è effettivamente realizzato.

Se guardiamo alla Fisac, non si è fatto un solo passo in avanti, ma si è deliberato in senso opposto già a partire dall’ultimo Congresso, con la crescita numerica di oltre il 40% dei membri del Direttivo e dell’Assemblea Generale rispetto a quanto precedentemente deciso in CdO.

Si è continuato nel processo di accentramento decisionale nei Coordinamenti di Gruppo e relativa emarginazione delle Rsa, con la revisione del Regolamento dei Coordinamenti Aziendali. La segreteria nazionale della Fisac ha deciso di non intervenire sulla modifica delle modalità di costituzione delle Rsa, scegliendo di non rinnovare l’Accordo sulle agibilità sindacali del settore credito senza neanche discuterne nel Direttivo Nazionale, rinunciando così ad una diffusa rappresentanza sul territorio.

Nei fatti si è accentrato invece di decentrare!

E i risultati si vedono. La riduzione della rete sindacale territoriale, che era il nostro punto di forza, ci ha portato alla perdita di migliaia d’iscritti e ad essere la sigla che perde più tesserati tra quelle della Categoria.

Anche sul tesseramento in Categoria si va in senso opposto a quanto già deliberato ed ora ribadito nelle schede della prossima CdO. Invece di spostare risorse e cedole verso il territorio, invece di approntare un progetto sul tesseramento che veda il coinvolgimento di altri soggetti come l’Università, si preferisce investire i soldi nell’acquisto di appartamenti e parlare genericamente della figura del tesseratore, senza ricostituire quella rete territoriale oggi carente. Insomma un tesseratore calato dall’alto, non supportato dal territorio per mancanza di risorse, probabilmente lontano dalla conoscenza delle esigenze dei lavoratori e delle lavoratrici dovrebbe risollevare le sorti del tesseramento in Fisac.

Dentro questo pensiero verticistico sta quell’impossibilità di realizzare il coinvolgimento dei lavoratori nelle scelte che li riguardano e nel recuperare un reale processo democratico all’interno dell’Organizzazione. Tutta un’altra cosa rispetto al sindacato di strada propugnato nelle tesi della Cdo.

Una Categoria che limita e riduce la sua rete territoriale, che non si confronta con i lavoratori sugli accordi realizzati in loro nome in luoghi e delegati sindacali sempre più lontani, come può aderire alla proposta Confederale di inclusione dei lavoratori nell’azione sindacale? E come può aderire alla proposta di sviluppo del confronto democratico interno, se ha marginalizzato il ruolo del Direttivo Nazionale, sostituendolo nei fatti con il cosiddetto Esecutivo e se chi dissente viene emarginato o indotto all’abiura?

Aggiungiamo, a quanto già detto sul mancato rinnovo dell’accordo sulle agibilità sindacali, la questione dei protocolli covid: assenza di discussioni in merito nel Direttivo, mentre si continuano a firmare aggiornamenti al testo che paiono più un andare incontro ai desiderata di Abi, piuttosto che accordi tra le parti. Di contro, la battaglia legale vinta dalla Fisac di Imperia nei confronti di Intesa sulla commissione territoriale aziendale covid è espunta dal dibattito dell’organizzazione.

Nell’introduzione alle schede della CdO si legge: “c’è chi ha cercato di utilizzare questa crisi per marginalizzare il sindacato o per relegarlo ad un ruolo puramente aziendalista”. Ecco, la nostra valutazione è che in Fisac, per ragioni di potere, si è scelto di potenziare quel ruolo “puramente aziendalista”.

Oggi i Ccnl della categoria sono sempre più l’oggetto delle deroghe contrattate dai Coordinamenti di Gruppo. E raramente sono deroghe migliorative del Ccnl di riferimento.

Non vogliamo sostenere che tutti i problemi siano in Fisac. Parliamo della realtà in cui militiamo e per la quale possiamo esprimere meglio il nostro giudizio.

Lo stesso documento organizzativo presenta comunque punti critici, a partire dal “cappello politico” dove, a nostro avviso, manca una riflessione sull’arretramento del ruolo dei partiti, sul deterioramento della qualità della politica e sulla deriva autoritaria che sta assumendo la nostra repubblica parlamentare, sempre più ostaggio delle decisioni dell’esecutivo e delle suggestioni dell’uomo solo al comando.

Manca almeno un accenno alla crisi drammatica di numerose aziende manifatturiere, alle ricadute occupazionali ed alle nuove povertà che stanno emergendo di conseguenza, mentre la forbice delle disparità dei redditi si allarga e viene anzi accentuata dalle recenti scelte di politica fiscale del Governo.

Ci sono peraltro temi oggetto della prossima CdO su cui è impossibile non essere d’accordo.

Si pensi al cambiamento subito dal mondo del lavoro, alla precarietà, alla mancanza di diritti, alla mancata applicazione delle norme sulla sicurezza, all’orizzonte pensionistico dei giovani ed ormai meno giovani, al peso del fisco sui lavoratori più deboli ed al nuovo ruolo che il documento per la CdO vorrebbe assegnare alle Camere del Lavoro ed al sindacato di strada.

Siamo perfettamente d’accordo, ma da quanto tempo ne discutiamo? Del ritorno allo spirito originario delle Camere del Lavoro ne parlava a suo tempo già Cofferati, ma da allora nulla o quasi nulla si è fatto, sia in termini di spostamento di dotazioni economiche sia di progetti di riorganizzazione.

Del sindacato di strada, da definire meglio e costruire ex novo, in qualche modo ne parlava addirittura Pizzinato alla fine degli anni 80.

Perché questa profonda ristrutturazione della Cgil non si compie? Chi si oppone senza esternare le sue ragioni? Esiste una parte di dirigenti che non accetterebbe mai di mettere in discussione il proprio status o c’è altro?

Insomma, o si rendono queste decisioni condivise ed immediatamente esecutive, o davvero la Cgil resterà al palo mentre la società ed il lavoro continueranno a cambiare in senso opposto a quello auspicato.

In questo senso il dato del tesseramento, sempre più proveniente dall’offerta di servizi, indica quanto la Cgil sia percepita da una parte di lavoratori come una sorta di ente parastatale e non un soggetto del cambiamento sociale e lavorativo.

Se, come nel credito, risulta maggioritario un sindacato autonomo, erogatore di servizi non legati direttamente al mondo del lavoro, mentre la Fisac arretra e la qualità del lavoro è in costante peggioramento (riduzione di addetti, chiusura di sportelli, esternalizzazioni di interi comparti, orari di fatto ben diversi da quelli contrattati, pressioni commerciali, gerarchizzazione sempre più spinta ecc. ecc.) vuol dire che la nostra Organizzazione non è più percepita come portatrice del cambiamento atteso dai lavoratori.

Cambiare si deve!