Il nuovo paradigma

Tutte le imprese ricomprese nella nostra categoria sono considerate dalla legge erogatrici di servizio pubblico essenziale e, pertanto, obbligate a tenere aperti i propri sportelli all’utenza.

Una situazione che, sin dall’inizio della pandemia, ha sollevato notevoli preoccupazioni a causa di una pericolosa sottovalutazione del rischio di contagio nei luoghi di lavoro.

Nella fase che si è recentemente aperta caratterizzata dall’ondata di ritorno dell’epidemia non risulta più rimandabile un intervento normativo che, rispetto alle nuove condizioni, punti ad incrementare le misure di prevenzione con lo scopo di tutelare maggiormente la salute e la sicurezza di lavoratrici e lavoratori del settore nonché la clientela che accede presso le sedi e le filiali delle aziende.

L’ultimo Protocollo dei bancari firmato tra le Parti risale ormai al lontano 28 aprile in pieno e conclamato primo lockdown mentre le successive integrazioni del 12 maggio e del 6 luglio risultano ormai insufficienti ed inadeguate rispetto alla seconda ondata di pandemia ed alle zone del nostro Paese classificate a fasce di rischio differenziate.

A tutt’oggi manca la calendarizzazione di un incontro che coinvolga il Sindacato per avviare una doverosa, puntuale e necessaria revisione di tali Protocolli di categoria, alla luce della nuova e più preoccupante fase.

Concentrando per un attimo la nostra attenzione sul settore del credito, da una parte abbiamo assistito ad un soliloquio a mezzo comunicato stampa del Presidente ABI che esalta il senso di responsabilità delle OO.SS. di settore (pur non avendole incontrate) per aver firmato Protocolli ormai superati e, dall’altra, un impegno del nostro Segretario Generale ad incontrare unitariamente ABI.

Una richiesta sinora disattesa dalla controparte.

Intanto lavoratrici e lavoratori chiedono a chi svolge l’attività sindacale nei luoghi di lavoro, procedure aggiornate per consentire l’erogazione dei servizi ritenuti effettivamente essenziali da erogare e per i quali si rende necessaria la presenza fisica agli sportelli.

Non va dimenticato, per altro, come i Protocolli già firmati nel nostro settore avevamo già all’epoca rappresentato un vistoso arretramento rispetto al Protocollo confederale del 14 marzo e successivamente integrato il 24 aprile.

Un arretramento soprattutto di carattere politico perché quei Protocolli hanno sostanzialmente esautorato le RSA e rappresentanze sindacali territoriali del proprio ruolo in materia di salute e sicurezza.

In presenza di una recrudescenza di questa pandemia assistiamo alla conferma di un modello di relazioni industriali che attribuisce la gestione di questi temi ai RLS (che non hanno potere negoziale ma semplicemente funzioni consultive o di denuncia nei casi di gravi violazioni) ed alle Segreterie di Coordinamento dei grandi gruppi rispondendo più alla necessità di accentramento delle relazioni da parte delle aziende.

Ciò in aperto contrasto con i Protocolli confederali che, invece, ribadiscono la piena centralità di RSA e territori rispetto alla necessità di negoziare l’attuazione delle misure di sicurezza più efficaci sui luoghi di lavoro avendo a riferimento i nuovi e necessari contenuti di protocolli e norme da definire a livello nazionale.

Una impostazione che trova assoluta necessità attuativa alla luce di questa nuova fase dell’emergenza.

La funzione di prossimità del sindacato ai luoghi di lavoro ed ai lavoratori, coerentemente con le previsioni e tutele derivanti dallo Statuto dei Lavoratori, deve riprendere il proprio protagonismo e non essere, invece, mortificata da un impianto politico tuttora vivo e vegeto.

Cambiare il paradigma, si deve. E presto.