I banchieri, i bancari e le rappresentanze sindacali di categoria

Dal 18 maggio inizia ufficialmente la FASE 2 che, per i lavoratori che operano nelle filiali bancarie e nelle agenzie assicurative, non si traduce in una riapertura dei battenti perché i servizi non sono mai stati sospesi per l’intero corso della pandemia.

Per loro, FASE 2 significa nuove modalità di relazione tra colleghi e con la clientela, che purtroppo, non nascono all’insegna delle migliori condizioni. E non a caso.

I contenuti dell’ultimo Protocollo firmato con l’ABI il 12/5/2020 superano la possibilità di accedere alle filiali mediante appuntamento (come previsto dal precedente Prot. 28/4/2020) lasciando all’utenza la possibilità di accesso nel limite del rapporto 1:1 tra numero di clienti e lavoratrici/lavoratori al momento disponibili per il servizio alla clientela.

Trattasi di una previsione che:

  • non tiene affatto in considerazione l’aumento della mole di lavoro prodotta dagli effetti dei

D.L. “Cura Italia” e “Liquidità” a sostegno dell’economia e delle famiglie (moratorie mutui, anticipazione CIGD, liquidità alle imprese)

  • si attua in una condizione di personale ridotto anche per effetto del Prot. 16/4/2020 firmato tra ABI e Segreteria Nazionali che permette alla Banche di esonerare il personale dalla prestazione lavorativa grazie all’utilizzo della parte ordinaria del Fondo
  • non considera l’innalzamento del rischio-contagio che viene a concretizzarsi fermo restando che la condizione di pandemia non è stata ancora superata.

Nelle ore immediatamente successive alla firma dell’ultimo Protocollo, il confronto tra i principali gruppi bancari ed i Coordinamenti sindacali di gruppo ha prodotto effetti molto diversificati tra loro e spesso non in sintonia con i contenuti del

Protocollo stesso:                                                                           1

  • chi ha prorogato di 1 settimana l’accesso su appuntamento nelle filiali a chi ha portato la proroga a 2 settimane a chi ha definitivamente superato tale modalità
  • in alcuni casi sono state adottate soluzioni che prevedono la presenza dei lavoratori in filiale pari al 75% dell’organico mentre altri applicheranno quanto indicato nel Protocollo.

Ma se esistono dei fattori comuni della nuova FASE 2 nelle scelte optate dai banchieri, queste coincidono con la riapertura massiva delle filiali ed il ripristino della presenza fisica delle lavoratrici e dei lavoratori nelle agenzie.

Non va dimenticato che, sino al giorno prima, l’applicazione estesa dello smart working ha avuto luogo all’insegna della preservazione della “distanza sociale” quale misura prioritaria per evitare il contagio ma, soprattutto, sembrava dovesse trasformarsi nella frontiera su cui si sarebbe costruito il nuovo modello organizzativo degli istituti di credito in linea con il tema della digitalizzazione di cui tanto avevano parlato i banchieri con il rinnovo del CCNL ABI prima della diffusione del COVID-19.

La previsione è stata purtroppo smentita incomprensibilmente da un calo drastico generalizzato dello smart working sino alla scelta di chi ha deciso di abolire il lavoro agile nelle filiali proprio dal 18 maggio scegliendo di utilizzare i permessi retribuiti finanziati dalla parte ordinaria del Fondo – e dalle risorse governative – per raggiungere la quota del 75% di presenza in filiale: una scelta dei banchieri che, sfruttando il Prot. 16/4/2020 firmato tra ABI e OOSS, utilizza le risorse finanziate dalla fiscalità generale per abbattere il costo del personale e produrre sostanziali differenze di trattamento tra chi opera in filiale e chi opera negli uffici centrali dove, invece, lo smart working sarà ancora utilizzato.

Va certamente sottolineata la “distanza politica” di tale scelta rispetto alle previsioni del Decreto “Rilancio” (ancora in iter di approvazione) all’interno del quale l’art. 96 prevede che, fino alla

cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID–19, i genitori lavoratori dipendenti del settore privato che hanno almeno un figlio minore di anni 14, in assenza di particolari condizioni presenti nel nucleo familiare, hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile anche in assenza degli accordi individuali a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione; la prestazione lavorativa in lavoro agile può essere svolta anche attraverso strumenti informatici nella disponibilità del dipendente qualora non siano forniti dal datore di lavoro.

Le pressioni commerciali – mai completamente scomparse – hanno ripreso vigore e sempre più spesso si registra l’assegnazione degli stessi obiettivi di vendita definiti ante lockdown.

Se si considera che un accordo sulle politiche commerciali esiste da febbraio 2017 ed è stato inserito nel CCNL bancario rinnovato qualche mese fa, non si può che prendere atto della inefficacia.

Ma nel comparto, il settore del credito non è l’unico a rischio rispetto alle scelte degli Amministratori Delegati.

Nel settore assicurativo il Prot. 24/3/2020 sottoscritto tra ANIA e le Segreterie Nazionali prevede indicazioni operative finalizzate a incrementare l’efficacia delle misure precauzionali a contrasto del contagio da COVID-19: distanziamento interpersonale di almeno un metro, utilizzo obbligatorio di mascherine, pulizia giornaliera e sanificazione periodica delle postazioni di lavoro e della relativa strumentazione (pc, touch screen, tastiere e stampanti).

Un testo che però non considera le caratteristiche degli ambienti di lavoro in cui si svolgono le attività dei CALL CENTER:

  • i call center sono prevalentemente organizzati in open space completamente occupati dalle postazioni di lavoro situate a breve distanza l’una dall’altra e che, salvo radicale revisione delle configurazioni, non consentono lo spazio sufficiente per il distanziamento minimo
  • il lavoro dei consulenti è prettamente svolto tramite contatto telefonico e risulta pressoché impossibile svolgere una conversazione comprensibile indossando le mascherine protettive 2
  • molto spesso i lavoratori dei call center lavorano part time e su turni alternandosi nell’impiego di postazioni condivise e con una sovrapposizione tale da rendere impossibile la sanificazione della postazione e degli strumenti di lavoro tra un utilizzo e l’altro.

In una condizione che lascia libera l’interpretazione e l’iniziativa alle aziende circa l’applicazione del protocollo sanitario previsto, quali potranno essere i risultati?

Si può dire quindi che l’apertura della FASE 2 nel nostro comparto sia caratterizzata da tre elementi di carattere generale:

  1. la presenza di accordi e protocolli siglati tra le categorie datoriale e Segreteria Nazionali che restringono l’efficacia delle norme sanitarie e comportamentali a tutela e protezione delle lavoratrici e dei lavoratori dal contagio
  2. le scelte adottate dai banchieri (o dagli Amministratori Delegati delle compagnie assicurative) che ne applicano i contenuti – anche in forma combinata – in modo del tutto strumentale teso a produrre il massimo risultato reddituale aziendale con il massimo rischio a carico dei lavoratori
  3. gli effetti di tali combinazioni sono note e spesso evidenziate da RSA e RLS che ne hanno registrato la misura esatta.

Forse è proprio da queste figure – i Rappresentanti Sindacali Aziendali ed i Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza – che potrebbero partire iniziative indirizzate ai Coordinamenti aziendali/di gruppo ed alle Segreterie Nazionali di denuncia della situazione in essere (e in divenire) e del fatto che la gestione del tema COVID-19 deve prevedere norme all’insegna della massima attenzione nelle misure a difesa e, per contro, non può prevedere “per definizione” previsioni riduttive ne’ spazi tali da consentire alle aziende la loro realizzazione.