Di buone intenzioni è lastricato l’inferno…

Durante il dibattito per la sostituzione del segretario nazionale FISAC avvenuto nel mese di luglio del 2020 ci sono stati due interventi programmatici per la categoria effettuati dal Segretario Nazionale della CGIL Maurizio Landini e dal nuovo Segretario della Categoria Nino Baseotto.

Non si può non partire da questi due interventi per fare il punto della categoria e dei risultati ottenuti in questi due anni di mandato.

Per questa ragione questo documento presenterà quanto discusso in quella sede ed i risultati prodotti dalla categoria.

Il segretario nazionale della CGIL in particolare ha elencato alcuni punti che andavano trattati dal nuovo segretario in quanto elementi critici emersi nel corso dell’ascolto effettuato con tutti i segretari regionali, comprensoriali e di coordinamento.

Uno dei primi punti all’ordine del giorno riguardava la gestione della categoria eccessivamente verticistica con un significativo scollegamento con i regionali ed i territoriali ed ancora di più con i lavoratori, gestione che si è manifestata ad esempio con gli accordi firmati dal Compagno Calcagni nell’emergenza covid.

Purtroppo, proprio su questo punto non possiamo che riscontrare con il nuovo segretario delle gravi mancanze. La categoria ha di fatto costituito un nuovo organismo chiamato Esecutivo, che raggruppa segretari di coordinamento, segretari regionali, minoranze e sensibilità limitando ancora di più quindi il significato del Direttivo Nazionale e dell’Assemblea Generale, luogo per eccellenza deputato alla discussione ed alla sintesi.

Nel frattempo, i protocolli di settori non sono mai riusciti a trovare quella sintesi necessaria con i protocolli confederali e le iniziative locali volte a rendere esigibili i protocolli confederali anche in categoria sono stati messi nel dimenticatoio ed i lavoratori, a causa dell’accordo di categoria, si sono potuti ascoltare quasi esclusivamente in remoto per oltre due anni vista l’impossibilità di organizzare assemblee in presenza.

Un secondo punto affrontato da Landini come obiettivo programmatico in categoria era quello riferito alla gestione delle cedole sindacali, alla loro ridistribuzione sui territori ed alla sempre minore presenza di RSA ed alla loro effettiva rappresentatività indicando come possibile punto di approdo l’elezione di RSU democraticamente elette.

Anche di questo punto, sia in FISAC e sia con le altre organizzazioni, di discussione si è visto poco. La desertificazione dei territori va di pari passo con il lungo elenco di RSA decadute e non più eleggibili secondo le modalità attuali e senza aver svolto in categoria un dibattito trasparente su quale modello portare alla controparte per invertire la tendenza in atto. Il flusso cedolare sui territori più piccoli continua a calare e non c’è alcun ripensamento sulla sua distribuzione dall’alto verso il basso. La superiorità politica del sindacato autonomo di categoria ha di fatto reso impossibile qualunque discussione sul modello di rappresentanza dei lavoratori in categoria facendo tramontare immediatamente ogni discussione possibile sulla figura delle RSU.

Un altro punto che il Segretario CGIL ha citato come un elemento di criticità della categoria da affrontare era proprio riguardo al funzionamento della stessa, da una parte strutturata così come ogni camera del lavoro, su divisioni territoriali, regionali e nazionali, ma dall’altra sempre più allineata ai modelli richiesti dalle controparti ed in parte anche dalle altre sigle che vedono prevalere le discussioni a livello di aziende e di gruppo piuttosto che a livello nazionale e confederale. Una piega corporativa che tende a togliere sempre più rappresentanza ai territori ed a privare la discussione politica di una unificazione dei temi.

Questo periodo ha visto comunque i gruppi bancari ed assicurativi proseguire in questo tentativo di disarticolazione e desertificazione territoriale senza che la FISAC delineasse una linea di difesa capace e coerente con la sua storia e la politica del lavoro che vuole rappresentare. Anche all’ultima assemblea generale sembra che alcuni gruppi vogliano procedere con fughe in avanti su tematiche che riguardano tutto il settore. In Intesa, dopo l’introduzione del contratto ibrido che non ha migliorato l’occupazione del settore come gli esegeti volevano far credere, dopo un accordo di secondo livello che di fatto ha creato un nuovo strumento di raffreddamento delle mobilitazioni, sembra che si voglia andare a firmare un accordo sullo Smart Working con il rischio che poi lo stesso faccia da benchmark per tutto il settore impendendo però la necessaria discussione politica che veda coinvolto l’intero settore.

Un ultimo punto molto importante affrontato dal Segretario Generale CGIL nel suo intervento a sostegno della candidatura del Segretario Generale FISAC Nino Baseotto era la necessità di smarcarsi della FISAC dalle posizioni portate avanti dalle altre sigle, pur nel rispetto di tutti, per avere un maggior peso negli indirizzi della politica sindacale della categoria. Negli ultimi anni si è lamentata la mancanza di una visione strategica dei processi generali di categoria, mancanza che poi si ripercuote anche sul tesseramento e sul proselitismo ed una sostanziale assenza di confronto con la CGIL per mettere al centro dell’attenzione l’importanza del settore del credito in un contesto di grandi cambiamenti tecnologici politici e storici gestendo nel migliore dei modi il processo di trasformazione del settore.

Anche in questo caso nonostante alcuni seminari sicuramente di interesse queste discussioni sono rimaste chiuse nei nostri salotti e l’organizzazione non è stata in grado di portare questi temi sui tavoli della politica nazionale, a partire dal necessario recupero di un intervento pubblico nel settore di indirizzo ma anche di partecipazione con Banche di investimento pubblico che possano fare da incubator al cambiamento tecnologico in atto a sostegno del tessuto produttivo e immateriale del paese. Probabilmente la mancata discussione con la confederazione di questi temi ha avuto il suo peso.

Ma anche il processo di trasferimento di lavorazioni dal lavoro dipendente al lavoro autonomo, lo sviluppo dei contratti così detti pirata, l’esternalizzazione di lavorazioni, tutti temi a valenza nazionale ed anche confederale, sono stati lasciati all’iniziativa sindacale dei singoli gruppi e non portate sui tavoli nazionali e confederali nonostante tutti questi punti erano già stati registrati dal compagno Segretario Generale Maurizio Landini.

La sintesi è che di tutti i punti citati dal Segretario Landini come punti da affrontare per il futuro della categoria, nessuno ha subito una significativa accelerazione e si sono tutti arenati o nel corporativismo dei gruppi e delle altre organizzazioni sindacali o nell’assenza di una visione confederale della categoria.

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Per finire non possiamo non fare due riflessioni sugli impegni programmatici fatti nel suo intervento dal compagno Segretario Nino Baseotto, molti dei quali riprendono i temi toccati da Landini e che non riprendiamo.

Nello specifico Baseotto, dopo aver elogiato la categoria indica due priorità contrattuali da affrontare con urgenza:

  1. la stesura ed estensione dell’articolato del CCNL ABI)
  • la piattaforma del CCNL ANIA

Questi due punti hanno però necessitato di oltre un anno per essere portati a termine con grande fatica, in entrambi i casi adducendo problematiche legate alla pandemia che però non hanno impedito nel frattempo di firmare altri accordi, integrazioni ad accordi nazionali e piani di esodo.

Nel secondo caso poi si pone il problema della partecipazione dei lavoratori alla votazione della piattaforma ANIA, partecipazione irrisoria e sottodimensionata rispetto all’importanza dei temi, che rende di fatto il suo voto non rappresentativo della maggioranza dei lavoratori.

Oltre questo ci soffermiamo ancora su due punti citati dal Segretario Baseotto nel suo intervento:

1)La necessità per la FISAC di non avere uomini soli al comando e la necessità di valorizzare i contrasti dialettici e dare valore alle risorse e potenzialità esistenti.

Come sensibilità abbiamo si percepito un cambio di stile personale nelle relazioni, sicuramente meno spigoloso che nel passato ma nei fatti questi cambiamenti non si sono visti. Al contrario si è vista una spinta continua ad indebolire sensibilità e minoranze che discutevano nel merito le iniziative, non valorizzando le iniziative poste in essere da singoli territori o lavoratori, di fatto non portando a fattor comune prassi e comportamenti che hanno portato vantaggi ai lavoratori indebolendo la FISAC stessa a favore delle altre organizzazioni e delle aziende.

2)Un’attività di vendita commerciale produce una perdita di senso del ruolo e funzione sociale del lavoratore bancario anche in rapporto alle esigenze del paese e del territorio in cui opera ed è una oggettiva deminutio delle professionalità del settore.

Come non essere d’accordo con il nostro Segretario! Ma come sappiamo nonostante un accordo in essere in categoria già dal 2017 e successivi accordi integrativi nelle singole banche il problema sussiste e persiste causando un aumento esponenziale dello stress lavoro/correlato soprattutto nelle funzioni di rete ma anche nelle sedi centrali. È evidente la necessità di un accordo con sistema sanzionatorio da incastonare poi nel nuovo CCNL che limiti definitivamente un attività che va palesemente contro gli interessi del paese nel suo complesso, in quanto tende a drenare liquidità dal sistema senza generare significativi aumenti di produttività strutturale ma limitandosi a modesti incrementi di produttività temporanea del settore destinata sempre ad essere riassorbita nei bassi del ciclo economico.

Non vorremmo ricordare le moli di cause, contestazioni, provvedimenti dell’antitrust e delle varie autorità nel tentativo di regolamentare comportamenti finalizzati a produrre redditività di breve termine e gli ingenti danni causati ai lavoratori da queste prassi sia materiali che psicologici.

In conclusione, nonostante impegni programmatici chiari e lungimiranti, la pratica ci ha riportato una FISAC ripiegata su sé stessa, con scollegamenti significativi tra i coordinamenti delle singole banche e l’organizzazione sul territorio, tra la segreteria nazionale e la confederazione. Incapace di portare una linea politica chiara e ben delineata a difendere i nostri valori fondanti e la nostra storia e quindi poco riconoscibile dai lavoratori ed all’esterno.

Occorre quindi riprendere quanto nelle premesse e nelle promesse e ripartire per dare vigore alle politiche sindacali della categoria.