Note all’Accordo sull’organizzazione del lavoro di Intesa Sanpaolo

Il mese di maggio 2023 ha visto la firma di diversi accordi tra Intesa Sanpaolo Spa e le OO.SS.
Gli scenari sono preoccupanti sotto diversi aspetti, ed inoltre i testi finali presentano alcune insidiose criticità.
Tra tutti, l’accordo sull’organizzazione del lavoro apre la strada a quello che verosimilmente sarà il lavoro del
futuro per l’intera categoria (aumento del lavoro a distanza e ampliamento delle fasce orarie nelle filiali), ma
alcune sue parti potrebbero peggiorare i livelli già elevatissimi di stress lavoro correlato, aumentare i problemi di
salute fisico/mentale e ridurre ulteriormente il potere d’acquisto con una riduzione diretta ed indiretta dello stipendio.
Non vi è dubbio che l’accordo prevede anche flessibilità interessanti per i Lavoratori ma sono flessibilità che non
possono essere usufruite dal dipendente in autonomia perché soggette all’autorizzazione del capo diretto e,
quindi, dipendono dalla sua benevolenza e dai rapporti interpersonali che intercorrono tra le persone. Questo avviene
in un’azienda dove si continua a dichiarare eccesso di personale ricorrendo al fondo esuberi.
Elenchiamo di seguito i punti per noi critici, e ciò che si modifica in peggio.
SUL LAVORO AGILE

1) Le delegazioni trattanti si sono trovate di fronte al problema di come trovare una uscita dignitosa al rifiuto
dell’azienda a concedere il buono pasto ai colleghi in lavoro agile.
Il compromesso raggiunto è di fatto un attacco riuscito alla retribuzione complessiva (la riduzione da 7
a 4,5 euro vale un taglio del 35,7% di tale voce, quindi assistiamo ad una riduzione diretta); tema che
avrebbe, anche da solo, dato una buona ragione per agire il conflitto, consci del fatto che in molte aziende non
c’è differenza di importo del buono pasto fra chi sta in ufficio e chi sta a casa. Tra l’altro nella piattaforma del
CCNL presentata subito dopo la firma dell’accordo, si richiede non solo la conferma del buono pasto in Smart
Working ma l’aumento a 8 euro; quindi, diventa difficile comprendere il senso dell’accettazione a 4,50 euro.
Se si aggiunge poi la certezza di cospicui maggiori oneri su chi lavora da casa (per esempio, per la
climatizzazione e l’illuminazione dell’ambiente dove si lavorerà), considerati gli enormi guadagni che invece
metterà a segno l’azienda (che non dovrà più manutenere/locare/climatizzare/illuminare/sorvegliare una
miriade di uffici – riduzione indiretta dello stipendio), questa soluzione appare estremamente iniqua.
2) La lettera che hanno ricevuto i dipendenti, con la quale possono aderire al lavoro agile, e la cui formulazione
non è stata contrattata con le OO.SS., prevede la modifica della programmazione delle giornate di Smart
Working su indicazione anche verbale del Responsabile e senza necessità di preavviso. Così scritta,
questa clausola rappresenta una tegola sempre in bilico sulla testa di chi aderirà, perché introdurrà nella loro
vita ulteriore aleatorietà, evidentemente in contrasto col fine dichiarato nell’accordo (“favorire la
conciliazione dei tempi di vita e di lavoro”), e procurerà all’azienda una nuova arma di pressione nei confronti
dei colleghi. Si pensi ad esempio alla situazione di debolezza e instabilità nella quale si troverà un
genitore che, di fronte ad una chiamata, improvvisa e inderogabile, al rientro in filiale, si trovi a dover lasciare
i figli soli a casa. Preoccupa anche il fatto che, nel caso di impedimenti di qualsivoglia natura (ad esempio,
mancanza di connessione, malfunzionamenti degli impianti), il responsabile potrà disporre il rientro
presso la sede aziendale di assegnazione, anche per la parte residua della giornata lavorativa: un obbligo
assurdo (specie per i tantissimi che lavorano a cospicua distanza dal domicilio, o per coloro che accudiscono
anziani, disabili, bambini o malati), che può prevedibilmente trasformarsi in un’arma di ricatto e indebita
sollecitazione, e generare ulteriore stress. Mentre in ufficio succede di frequente che si passino ore senza
connessione o ad affrontare moltitudini di problemi tecnici, a casa – sembra sottintendere tale obbligo – non
sarebbe possibile eseguire lavori alternativi. Non è così: ad esempio, è certamente fattibile la compilazione di
lettere e documenti, svolgere parte dell’istruttoria di pratiche, tenere i contatti con la clientela e persino
cercare di affrontare l’esorbitante quantità di telefonate che l’azienda vorrebbe si facessero ogni giorno.
Utilizzare in questo modo il lavoro agile significa dirottarlo dall’obiettivo primario del legislatore:
coniugare tempi di vita e di lavoro. Se non vogliamo correre il rischio di sabotare questo importante
caposaldo della nostra attività, occorre senz’altro lavorare intensamente per giungere ad eliminare dalle intese
tutti quegli elementi che vanno in direzione contraria.
3) L’accordo permette l’utilizzo della rete internet privata, ma nel rispetto delle regole sulla sicurezza, e viene
precisato che non sono previsti contributi economici a qualunque titolo: quindi esiste il rischio – non

presidiato – che le conseguenze di eventuali frodi, furti di dati sensibili vengano interamente imputate a
carico del dipendente.

SUL 4 GIORNI A 9 ORE

1) Il nuovo istituto del 49, evidentemente molto più vicino all’idea che ne aveva l’azienda che non a quella che auspicava il sindacato, prevede che, dalle 23 ore di Banca Ore a disposizione per l’anno successivo, vengano decurtati 30 minuti a settimana. Si tratta di una possibilità già prevista dall’art 104 del CCNL, ma che a tutti gli effetti azzera del tutto i benefici della riduzione di 1 ora e 30 minuti dell’orario settimanale, introdotta dall’accordo e decantata come grande concessione a favore delle persone del Gruppo, e comporta una forte riduzione dell’elasticità garantita ai dipendenti che spesso utilizzano la banca ore anche per visite mediche ormai non più garantite da permessi retribuiti. Tra l’altro l’accordo parla delle 23 ore previste dall’Art 104 del CCNL che però risultano già decurtate di 7 ore e 30 cedute al FOC per cui non si capisce come si farà a recuperare questa giornata. Inoltre, non è specificato se e come verrà gestita la riduzione oraria per i quadri. Si pone infine la questione di come verranno considerati i giorni di ferie o festività che cadono nel giorno di riposo visto che nella normalità esistono le festività soppresse che, se cadono nei giorni festivi, vengono a tutti gli effetti recuperati, e di come mai l’azienda ha deciso che le settimane di ferie verranno considerate a tutti gli effetti di 37h e 30m anziché di 36 ore. 2) La rimodulazione di orario si limiterà a permettere la chiusura, per alcune giornate, delle filiali più piccole e a concentrare il ridotto numero di Lavoratori sulle giornate individuate dall’azienda (concentrando 49 e part time nei medesimi giorni), senza apportare alcun vantaggio dal punto di vista
dell’efficacia/efficienza dei lavoratori; secondo gli studi infatti si è raggiunto un miglioramento
dell’equilibrio tra lavoro e vita privata in quei paesi in cui la settimana lavorativa è stata rimodulata su 35/33
ore settimanali con week end lungo per riposarsi (vedi Islanda e Danimarca). L’University of South Australia
ha evidenziato gli effetti benefici sulla salute dei lavoratori che a fronte del maggior riposo garantito dal week
lungo (per altro non previsto dal 49 di ISP che individua i giorni di riposo esclusivamente in martedì, mercoledì e giovedì) svilupperebbero minori problemi correlati alle condizioni di salute (obesità, diabete, malattie cardiovascolari e depressione). L’OCSE ha anche evidenziato come lavorare molte ore comporti una drastica riduzione della produttività dovuta ad una sorta di stanchezza fisiologica. 3) Nelle filiali dove invece si sperimenterà il 49 senza la chiusura della filiale per un giorno a settimana, si
tornerà di fatto ai turni.
4) Se un dipendente non vorrà aderire a tale orario, nelle filiali oggetto di chiusura settimanale, sarà
obbligato a fare Smart Working a casa o presso altra filiale (che non è detto sia più comoda o vicina al
domicilio del lavoratore), contrariamente a quanto previsto dalla legge sul lavoro agile.
5) Recenti pronunciamenti di diverse ASL hanno imputato a ISP una insufficiente attenzione al tema
dell’obbligo di accurata valutazione del rischio incombente su chi lavori al videoterminale: questo
atteggiamento di fatto scippa, probabilmente a migliaia e migliaia di persone, il diritto di accedere a specifici
programmi di sorveglianza sanitaria. Eppure, si tratta di un tassativo obbligo di legge che, se rispettato a
dovere, consentirebbe davvero un cospicuo taglio del rischio di patire disturbi muscolo-scheletrici e al visus.
Inoltre, in un quadro del genere, introdurre una visita volontaria che passa per sostitutiva della sorveglianza
sanitaria può inoltre rappresentare facilmente un pericoloso e inopportuno slittamento dall’azienda verso il
lavoratore dell’obbligo di valutazione delle condizioni di salute in relazione alle mansioni svolte: incombenze
che occorre restino ad esclusiva cura, costo e programmazione in capo dell’azienda.
Le norme sulla salute di chi lavora al videoterminale (l’ergonomia della postazione, l’illuminazione corretta,
le attrezzature adeguate, la sorveglianza sanitaria) ci sono già tutte e non sono affatto smentite dalle successive
leggi sul lavoro agile, che anzi fanno espresso richiamo al titolo III del Testo Unico Salute e Sicurezza, e non
abrogano alcuna parte del titolo VIII (ove sono indicati tutti i riferimenti tecnici, incluse le norme europee
UNI di riferimento), mentre il gruppo Intesa Sanpaolo vuole applicarle pro domo sua.

(11 agosto 2023)