LE CONTROPIATTAFORME E IL NODO DELLA RIVENDICATA “AUTONOMIA”DELLE SCELTE DELLE IMPRESE BANCARIE (SANTANDER DOCET…)

Il documento consegnato dall’Associazione Bancaria Italiana alle Segreterie Nazionali al tavolo della
trattativa per il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro 19 dicembre 2019 per le imprese
creditizie finanziarie e strumentali è un attacco diretto alle giuste richieste di Lavoratrici e Lavoratori
del settore, ed è solo una parte del disegno complessivo in atto ai loro danni; per saggiarne il potenziale
distruttivo è bene incrociarlo con un altro documento, consegnato ad un tavolo di trattativa aziendale,
per l’apertura della procedura di ristrutturazione in Santander Consumer Bank.

. Il documento dell’ABI.
In esso l’Associazione contestualizza da par suo la trattativa rispetto all’innovazione tecnologica, alla
modalità di relazione ed interazione della clientela con i prodotti e servizi del credito, con la concorrenza
di altri operatori che beneficerebbero di vantaggi a fronte di una regolamentazione sempre più onerosa
a carico delle banche, e poi – salendo di livello – agli impatti derivanti dall’adozione dei criteri ESG,
alla politica monetaria e dei tassi d’interesse, infine al complicato quadro geopolitico.
Tale contestualizzazione andrebbe a chiarire i presupposti su cui, secondo l’ABI, dovrebbe basarsi
la discussione sul rinnovo del CCNL; peccato che si lasci nel dimenticatoio quanto stanno pagando
i dipendenti in termini di caro-vita, pur continuando ad aiutare le aziende nelle transizioni digitali
nonostante la carenza di assunzioni e formazione adeguati e rendendo a livello pro-capite molto di più
rispetto a soli 5 anni fa (perché meno dipendenti – 229.000 al 31/12/2022 e non 280.000 come dichiarano
le principali testate – e più profitti indicano una produzione individuale significativamente maggiore). I
bilanci delle aziende di credito, poi, parlano chiaro.
ABI si dichiara poi disponibile ad un confronto costruttivo, tra l’altro senza esprimersi sugli aumenti
salariali richiesti in piattaforma, ma punta a:

  • mettere mano alla fungibilità tra mansioni (ci prova da 20 anni, alla faccia della valorizzazione
    delle professionalità ed al rispetto dei percorsi di ognuno!)
  • intervenire sulle fonti di finanziamento per supportare la riconversione professionale: in sintesi,
    vuole utilizzare il FOC (fondo nato per le nuove assunzioni e al quale contribuiamo soltanto noi
    dipendenti con una giornata di lavoro all’anno da dieci anni) per pagare la formazione. Cioè
    far pagare ai dipendenti i costi della formazione!
  • a legare sempre di più parti economiche alla produttività specifica aziendale tempo per
    tempo espressa, soprattutto attraverso un ribilanciamento normativo complessivo a favore della
    contrattazione di secondo livello, che dovrebbe poter sempre più flessibilmente regolamentare il
    rapporto di lavoro e l’organizzazione dello stesso (e Intesa su questo si è già portata purtroppo
    avanti con il famoso accordo sul 4*9 e sul cosiddetto nuovo lavoro flessibile).
    ABI vorrebbe snellire anche le procedure di relazione sindacale: in sostanza, la contrattazione di
    secondo livello aziendale, spesso di gruppo, dovrebbe diventare il pilastro prevalente delle norme, a
    scapito della contrattazione nazionale di primo livello. Risuonano qui echi della discussione politica
    sull’autonomia differenziata? Temiamo proprio di sì..

Nel documento ABI c’è poi un passaggio che può apparire scontato ma che in realtà fa da presupposto
a quello che accade nelle aziende: le scelte strategiche di ciascuna impresa bancaria sono “autonome”.
Non si tratta di competenza, a chi compete la scelta, ma di autonomia: chi sceglie lo fa in libertà.

Qui sta uno dei nodi che debbono essere messi in discussione. Il precedente rinnovo del CCNL ha
allungato la durata possibile delle procedure di confronto sindacale, che ora l’ABI vuole tornare ad
accorciare per poter soddisfare le sue necessità di velocizzare i processi di ristrutturazione in corso;
piuttosto le procedure di confronto sindacale vanno qualificate, le imprese bancarie vanno vincolate
alle discussione delle loro scelte strategiche, se esse prefigurano il rischio di tensioni occupazionale
(specie nell’ipotesi di cessioni di rami, scorpori, fusioni o alienazioni, all’interno o all’esterno del
settore). Il loro operare rispetto alle scelte deve vederle impegnate nella ricerca di soluzioni condivise
con parte sindacale, con l’impegno ad applicare, nell’ambito delle procedure di legge e contrattuali,
principi di salvaguardia dell’occupazione al fine di limitare al massimo le tensioni occupazionali
successive alla definizione delle operazioni societarie.
Un confronto con parte sindacale sulle tensioni occupazionali non può aprirsi sulla base di scelte
già definite!
La Fisac deve prendere e poi mantenere posizione chiara al riguardo, qualificando la sua linea anche
rispetto alle sigle autonome del settore che un giorno sì e l’altro pure inviano segnali e messaggi
altamente ambigui che certamente vengono colti dalla controparte (“SIAMO PRONTI ALLA SFIDA
DIGITALE NELLE BANCHE” … “DA ABI CHIAREZZA SUL NEGOZIATO DEL CCNL, POI
ACCELERIAMO”).

. Il documento Santander Consumer Bank.
E arriviamo a quello che invece si ritrova nel documento di Santander Consumer Bank, ove l’autonomia
dell’impresa è praticata collegando il contesto in cui essa opera (innovazione tecnologica, risultati e
produttività nell’ambito del credito al consumo e del prestito personale) con scelte drastiche in tema
di riorganizzazione: eliminazione totale delle filiali fisiche, sostituzione tecnologica, riconfigurazione
dell’attività commerciale in capo alla sola rete degli agenti, appalto esterno del recupero crediti. E con
messa in esubero di tutto il personale bancario oggi coinvolto nelle attività oggetto di
ristrutturazione.
Certamente, a cose fatte, Santander Consumer Bank avrà agio nel dire che l’utilizzo da parte della sua
clientela dei canali self, basati su piattaforme tecnologiche, avrà subito una vera impennata. Peccato che
non sarebbe per scelta ma per necessità obbligata. Anche nel documento ABI si dice che solo l’1% della
clientela usa i canali di relazione mentre è raddoppiato il numero di chi usa solo i canali self, ma tutti
conosciamo bene le politiche “attive” introdotte dalle banche per disincentivare l’utilizzo delle filiali
fisiche, i disagi dei clienti per riuscire ad entrare in una filiale, la desertificazione degli sportelli bancari.
Certamente, a cose fatte, il volume di attività della rete di agenti di Santander Consumer Bank,
crescerebbe, ma in sostituzione di lavoratori bancari chi svolgerebbe le attività? Sub-agenti,
collaboratori, familiari degli agenti? L’Intelligenza Artificiale? Con quale salario, con quali tutele? Con
quale precarietà?

L’attenzione alle persone, all’occupazione ed alla professionalità rivendicata da ABI si dissolve
così rispetto alla prepotenza che sta dietro un tale concetto di autonomia delle imprese ed
insindacabilità delle loro possibili decisioni.
Sono possibili approcci alternativi? Certamente sì. È necessario adottare approcci alternativi.
Un asset aziendale la cui dismissione comporta tensioni occupazionali deve essere oggetto di ricerca di
soluzioni fondamentalmente nell’interesse dei lavoratori coinvolti, della clientela, del settore, piuttosto
che solo dell’impresa. L’operazione in Santander Consumer Bank è un esempio utile per evidenziare i
nodi del settore, dato che le stesse dinamiche le troviamo in tutti i piani industriali di banche ed
assicurazioni. Il ruolo del sindacato deve essere quello di contrastare radicalmente che operazioni
societarie pur consentite dalle leggi brucino posti di lavoro, frammentando le realtà aziendali con
conseguente polverizzazione del settore.
Ricordiamo che la S di ESG richiama l’impatto sociale che i comportamenti delle aziende dovrebbero
avere all’interno della comunità in cui operano, e pertanto è imprescindibile che una multinazionale
come Santander, che a metà del 2023 ha realizzato utili per oltre 5 miliardi, venga ricondotta ad una più
ragionevole strategia, che tenga conto dell’impatto negativo dei suoi comportamenti su una sua
controllata che comunque a fine 2022 dichiarava un utile consolidato simile a quello del 2021, e che
negli ultimi anni ha realizzato importanti utili distribuendone una parte alla controllante.
Dal sito di Banca D’Italia leggiamo che fattori di sostenibilità sociale si riferiscono alle relazioni di
lavoro, all’inclusione, al benessere della collettività, tutti temi che devono essere vincolanti in una
trattativa che non può esaurirsi solo in incentivi all’uscita e nel fondo di solidarietà.
La libertà d’impresa e la responsabilità sociale vanno collegate e raccordate concretamente, per
evitare approcci distruttivi.
A QUESTO DEVE PUNTARE IL SINDACATO, SEMPRE INFORMANDO CORRETTAMENTE,
CON LA MASSIMA TRASPARENZA, E COINVOLGENDO LAVORATRICI E LAVORATORI
DELL’INTERO SETTORE (GIUNTI DA TEMPO ALLO STREMO), E PURE LA SOCIETA’ CIVILE – CHE SENZA L’AZIONE DEL SINDACATO NON PUO’ CHE SUBIRE PASSIVAMENTE
QUESTI CAMBIAMENTI, INNESCANDO COSÌ ULTERIORI INDEBOLIMENTI DEL NOSTRO
TESSUTO SOCIALE – SINO AD INTRAPRENDERE AZIONI DI LOTTA LA’ DOVE FOSSE
NECESSARIO.

(10 ottobre 2023)