La CGIL, Landini e la Fisac

di Aggregazione Agor@

Con l’elezione a Segretario Generale di Maurizio Landini si è concluso il XVIII congresso della CGIL.

Una bella conclusione. Una bella conclusione perché l’elezione di Landini, all’interno ed all’esterno della CGIL, è stata salutata come un vento di cambiamento per i tanti, a sinistra, ormai orfani di un governo e di partiti che li rappresentino. La CGIL e Landini, in questo senso, incarnano l’ultimo baluardo ad argine della marea montante di egoismo, di razzismo e di intolleranza che sta inondando la società italiana (e non solo italiana).

Una grossa responsabilità, quindi. Una responsabilità di cui ogni dirigente della CGIL ha il dovere di farsi carico. Una responsabilità che va agita: sui luoghi di lavoro, nelle scuole, nelle piazze, nella contrattazione e nelle manifestazioni. Una responsabilità che richiama tutti ad una coerenza che va oltre l’appartenenza all’organizzazione ma che riguarda la condivisione dei valori di base sul tipo di società che auspichiamo, per noi e per chi verrà dopo di noi.

Detto questo, due parole sulla dialettica interna del percorso congressuale.

La parola più usata, ed abusata, è stata “unità”. Unità invocata, unità percepita, unità imposta, unità tradita, unità promessa, unità negata… Mai un termine (unità) è stato declinato con così tante sfumature di significato come in questo congresso. Landini, alla sua elezione, ha dichiarato che d’ora in poi non ci saranno più camussiani, landiniani o colliani ma che saremo tutti CGIL. Il che può essere assolutamente condivisibile ma significa riconoscere che fino ad una manciata d’ore prima eravamo divisi e tripartiti.

Senza farla lunga: se lo Statuto della CGIL prevede che possa esserci una pluralità di candidature (o auto-candidature) è abbastanza paradossale, poi, dire che chi si auto-candida (o che dichiara di volerlo fare) venga tacciato di non essere unitario. 

Le auto-candidature minacciano l’unità di un congresso? Basterebbe toglierle come possibilità dal nostro ordinamento interno. Se, invece, si pensa che le candidature alternative a quelle proposte dai centri regolatori possono essere un pungolo alla discussione, oltre che un presidio di democrazia interna, allora queste non andrebbero etichettate come divisive; piuttosto, andrebbero indagate -e portate a sintesi- le ragioni politiche all’origine di tali avvenimenti.

Una cosa sul pluralismo interno: sappiamo di alcuni delegati della mozione “Riconquistiamo Tutto” che hanno dovuto usare le loro ferie per poter esporre nelle assemblee. Se la CGIL fosse realmente plurale questo non dovrebbe essere necessario. Se la CGIL è la CGIL lo è (anche) perché ci sono ancora compagni/e che ci credono così, tanto. Non rendere riconoscimento a questo esempio di passione militante manterrebbe ancora incompiuta e monca la parola “unità” in confederazione.

Il dualismo di questi mesi fra Landini e Colla ha dimostrato che in CGIL c’è confronto di idee e, perché no, anche di persone. Perché, come recitava un adagio della Prima Repubblica, “le idee della politica camminano sulle gambe degli uomini”. La conclusione del congresso -e le dichiarazioni finali di Landini, Colla e Fracassi- hanno sancito l’unità della CGIL nel riconoscimento reciproco di tutti quegli attori che nei mesi precedenti si sono confrontati con argomenti aspri e -talvolta- con cadute di stile. Ma un congresso non è un pranzo di gala; ed è più importante come se ne esce di come ci si entra. E ancor più importante è che cosa si farà dopo.

Landini non ha chiesto a Colla di abiurare al suo percorso congressuale; né Colla si è sognato di pretenderlo da Landini. Pare un’ovvietà ma non lo è in Fisac, dove ogni giorno (ancora) a qualche compagno/a di Agor@ (l’aggregazione conseguente alla lista del 3% che sostenne una candidatura alternativa all’attuale S.G.) vengono fatte più o meno esplicite richieste di rimangiarsi le proprie scelte.

Storicamente, le abiure sono sempre state controproducenti per chi le chiedeva e hanno quasi sempre finito per dar ragione a chi le subiva. Continuare così non pare saggio, non pare bello e -forse- potrebbe pure non essere politicamente troppo opportuno. 

Abbiamo di fronte sfide impegnative, importanti e decisive. In categoria, in confederazione e nella società. Il rinnovo del CCNL ABI, la lotta antifascista, la solidarietà ai migranti, un rapporto difficile con UE e BCE, ricostruire una sinistra politica allo sbando…

Forse è tempo di andare oltre.

“Oltre le idee di giusto e sbagliato c’è un campo. Incontriamoci là”.

Rumi

Nessuno si salva da solo.