LE POLITICHE DI GENERE E LA CONTRATTAZIONE DI GENERE

Il principio aristotelico di “causa-effetto”

Per un lunghissimo tratto del 2018, e parte del 2019, il Coordinamento Donne Nazionale della FISAC CGIL ha concentrato il proprio impegno nell’analisi e nella formulazione di proposte specifiche in tema di politiche di genere.

Una lunga maratona che ha visto, come risultato, la produzione di documenti che contengono molti spunti di riflessione e, ancora più spesso, proposte consistenti.

L’ultima – ma non ultimativa per definizione – elaborazione di questa serie è stata resa pubblica nel corso dei lavori del Comitato Direttivo Nazionale della FISAC CGIL svoltosi a Roma il 21 e 22 marzo 2019.

Dalla lettura attenta di quel testo – ma non solo di quel testo – appaiono in piena evidenza le problematiche ormai ataviche collegate al tema delle politiche di genere che, nella specificità della loro formulazione, attraversano la categoria del credito ma potrebbero essere oggettivamente estese anche a quello assicurativo e della riscossione: formazione, riconoscimento periodi di cura ai fini dei percorsi professionali, integrazioni retributive nelle specifiche fattispecie, l’orario di lavoro.

Il valore aggiunto – sempre confermato – dell’ultimo lavoro è facilmente rinvenibile nel leggere i dettagli circa le proposte di modifica dell’articolato contrattuale a seguito delle problematiche.

Uno schema lucidissimo costruito sulla concatenazione causa (=problema) ed effetto (=proposta sindacale).

Sulla formazione, in particolare, si richiama la penalizzazione a carico delle lavoratrici in part time che, per l’attività formativa che superasse l’orario di lavoro, non prevede costi aggiuntivi per l’azienda (art. 35 CCNL ABI).

Sullo stesso tema si evidenzia come gli impatti prodotti dalla riorganizzazione dei processi produttivi, per effetto della digitalizzazione, richiamino con forza l’attenzione ai momenti di confronto con i gruppi e le aziende circa le iniziative formative.

Nell’esercizio del paradigma causa-effetto non è difficile tradurre la teoria in pratica.

Domanda: nel CCNL ABI vigente, in quale punto è previsto tale momento?

Risposta: art. 72 punto 8.

E’ quindi evidente come l’attuale impalcatura dell’articolato non sia sufficientemente “forte” da porre le delegazioni sindacali in condizioni di pretendere dalle aziende le informazioni dettagliate delle loro iniziative formative.

L’articolo parla, infatti, genericamente di programmi, criteri, finalità, tempi e modalità.

Il rafforzamento delle previsioni potrebbe, per esempio, passare attraverso uno schema esplicitato nell’articolo che ne incrementi il contenuto e concretamente esprima con maggior dettaglio gli elementi che l’azienda deve fornire:

  • i programmi ossia i contenuti specifici delle iniziative previste
  • la classificazione dei programmi (nuovo elemento) ossia se le iniziative sono collegate:
  • ad obblighi di legge
  • allo sviluppo professionale
  • ad revisioni organizzative (su questo punto va esplorato con particolare attenzione l’effetto prodotto dall’inserimento di processi riconducibili alla digitalizzazione)
  • i criteri ossia i parametri assunti per individuare la platea oggetto della formazione
  • le caratteristiche della platea (nuovo elemento) risultante dall’applicazione dei criteri su base stimata, con dettaglio:
  • sul genere
  • sulla tipologia contrattuale (full time, part time verticale e part time orizzontale, con contratto di inserimento, altre tipologie contrattuali applicate)
  • sul livello inquadramentale
  • sulla funzione/ruolo aziendale
  • le finalità della formazione ed in particolare se l’iniziativa formativa incide – e in che misura – nel percorso di carriera
  • i tempi ossia se il programma prevede l’erogazione dei corsi in orario di lavoro oppure fuori orario ed il rapporto di incidenza di ogni modalità rispetto al valore assoluto previsto
  • le modalità formative ossia se lo svolgimento dei corsi è previsto:
  • in aula
  • in modalità e-learning dal luogo di lavoro
  • in modalità e-learning da luogo diverso da quello di lavoro.

Immaginando l’applicazione di uno schema con questa impalcatura, si può presumere che il confronto con la controparte sia guidato – con maggiore probabilità – da elementi oggettivi e non, come spesso avviene, dalla sola capacità di dialettica della delegazione sindacale?

Proviamo, in questa sede, a riapplicare il paradigma causa-effetto su alcune situazioni note come “fattori critici” nelle politiche di genere: trasferimenti, distacchi e part time.

Il primo (art. 88 per le Aree Professionali ed art. 111 per i Quadri Direttivi) ed il secondo istituto (art. 18) sono configurati come disponibilità delle aziende per comprovate motivazioni tecnico-organizzative.

Nella casistica applicata molto spesso sono utilizzati come “iniziale strumento di persuasione” e, se non sufficiente, come “soluzione legale”.

Nel settore bancario (ma spesso, e forse da prima, anche in quello assicurativo) nelle narrazioni delle addette/i alla vendita che si rivolgono al sindacato per richiedere supporto e tutela, si ritrova quasi sempre lo spettro del trasferimento che agisce da leva psicologica: è lo strumento per eccellenza utilizzato nell’esercizio delle “pressioni commerciali”.

In questa pratica, che vede l’azienda contro la singola persona e quindi in un rapporto completamente sfavorevole, una volta agitato lo spettro del trasferimento, nella mente della lavoratrice si attiva immediatamente il calcolo dei disagi e delle difficoltà materiali che dovrà affrontare nella propria vita privata a seguito dell’assegnazione ad un luogo di lavoro più lontano.

Il calcolo inserisce istantaneamente l’esponente matematico nel momento in cui nella vita privata del soggetto (la quasi totalità di genere femminile) siano presenti situazioni quali la cura dei figli, di disabili e/o genitori di cui già si fa carico nella quotidianità.

A quel punto è impossibile sottrarsi: meglio non rischiare per verificare se si tratta di un bluff. End game.

Siamo di fronte ad uno dei molti esempi in cui l’applicazione legittima dei contenuti di un contratto di lavoro può sfasciarti la vita personale…per motivi tecnico-organizzativi.

Ora proviamo ad esercitarci nel meccanismo causa-effetto.

Per i trasferimenti il CCNL prevede il consenso preventivo del/la lavoratore/trice solo per:

  • i Quadri Direttivi di 1° e 2° livello con 47 anni di età e 22 anni di servizio
  • le Aree Professionali con 45 anni di età e 22 anni di servizio.

In un quadro di avanzamento delle politiche di genere si potrebbe immaginare:

  • che il consenso sia vincolante anche per coloro che:
  1. abbiano certificato i termini di cui alla Legge 104/92 all’art. 31 commi 1 e 2 (si ricorda che coloro che rientrano nel comma 3 non possono essere oggetto di trasferimento senza loro consenso)
  2. abbiano certificato una invalidità civile superiore ad una certa misura
  3. abbiano minori presenti in famiglia con età inferiore ad una certa misura
  • una misura di diritto intermedia che preveda l’attivazione del vincolo di consenso oltre una certa distanza tra dimora abituale e nuovo luogo di lavoro calcolata in tempo (e non in chilometri)

Si potrebbe pensare all’estensione di tali previsioni anche alla situazione di distacco.

L’altro strumento utilizzato come “iniziale strumento di persuasione” è la concessione ed il rinnovo del part time.

L’art. 35 del CCNL configura il part time come una concessione dell’azienda (commi 3 e 4) fatto salvo il limite minimo di accettazione delle richieste pervenute (comma 8).

La necessità di utilizzo ex novo o rinnovo del part time – che va ricordato essere un acquisto di tempo da parte della lavoratrice pagando con riduzione di salario diretto ed indiretto – viene spesso vissuta come strumento persuasivo a disposizione dell’azienda.

Anche questo fenomeno è stato spesso registrato nel campo delle pressioni commerciali.

Un passo avanti potrebbe realizzarsi trasformando il concetto di “concessione” in “assegnazione”, nelle condizioni in cui la richiesta rientri nelle situazioni di cui sopra sia nel caso di richiesta ex novo che di rinnovo.

Per chiudere sulla premessa, è chiarissimo come i contenuti degli elaborati sino ad ora prodotti cerchino con forza a costruire spazi di confronto con la controparte di turno (la categoria è attualmente impegnata nel rinnovo del CCNL ABI) con il duplice obiettivo di modificare – e migliorare – le condizioni di vita e di lavoro del comparto specifico e di creare le condizioni “politiche” per espandere i risultati positivi verso altri comparti in un percorso di confronto con le relative controparti.

Inoltre l’impegno a comporre le delegazioni sindacali trattanti con maggior partecipazione di genere femminile può certamente contribuire a migliorare le condizioni ambientali del negoziato per un maggiore contenuto di sensibilità ed attenzione alle politiche di genere.

Si tratta quindi di lavorare in questo senso per costruire un fattore di vantaggio oggettivo nell’esercizio negoziale.

Inoltre, la pratica del paradigma causa-effetto è una delle migliori vie perché vede e, pone prima di tutto, le condizioni materiali delle lavoratrici e lavoratori per trovarne soluzioni.

di Alessandra Cannucciari, Maria Isabella Napolitano e Marco Parissenti

1 Legge 104/92 Art. 3 – Soggetti aventi diritto

1.É persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione.

2. La persona handicappata ha diritto alle prestazioni stabilite in suo favore in relazione alla natura e alla consistenza della minorazione, alla capacità complessiva individuale residua e alla efficacia delle terapie riabilitative.

3. Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità. Le situazioni riconosciute di gravità determinano priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici.

4. La presente legge si applica anche agli stranieri e agli apolidi, residenti, domiciliati o aventi stabile dimora nel territorio nazionale. Le relative prestazioni sono corrisposte nei limiti ed alle condizioni previste dalla vigente legislazione o da accordi internazionali.